La violenza endofamiliare
La violenza di genere ed in particolar modo la violenza endofamiliare, è un fenomeno di cui tristemente sono inflazionate le cronache (e le aule di giustizia) e che, in maniera preoccupante, sfocia, assai sovente, in epiloghi tragici e funesti. Si tratta di un fenomeno molto complesso, trasversale (che prescinde dal ceto sociale, da dati anagrafici, dalle inclinazioni religiose, ecc.), di cui ancora molto è il “sommerso”. La violenza agita, nei confronti del partner è foriera di un’altra perniciosa forma di violenza: laviolenza c.d. assistanei confronti dei figli. La violenza si esplica in forme variegate e non sempre semplici da decodificare. La violenza può essere fisica, sessuale, psicologica, economica. Da un punto di vista normativo, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica l’11 maggio 2011 (Convenzione di Istanbul), ratificata in Italia con la legge 119/2013, ha segnato una svolta importante, fornendo, per la prima volta, una definizione dell’espressione “violenza nei confronti delle donne” qualificandola come violazione di diritti umani (art. 3). La Direttiva 2012/29 UE (che ha trovato parziale attuazione con il decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 212), ha fornito le norme “minime” con riferimento ai diritti, all’assistenza e alla protezione delle vittime di reato. Da un punto di vista pratico operativo, riuscire ad attivare la “Rete” antiviolenza, con tutte le figure professionali (ed istituzionali) che possano garantire una presa in carico adeguata della situazione è l’obiettivo per poter contrastare efficacemente il fenomeno. Senza dimenticare che, per combattere la violenza domestica non si deve tralasciare il maltrattante, che, oltre all’aspetto prettamente giudiziario e processuale, deve essere preso in carico da apposite strutture, per poter avviare un percorso di recupero sull’autore di violenza. Non si deve, infatti, dimenticare che, il fenomeno della violenza domestica affonda le sue insidiose radici in fattori culturali e, pertanto, si deve lavorare per riuscire a cambiare la mentalità e spazzare i pregiudizi su certi fenomeni, educando a riconoscere e stigmatizzare la violenza, senza giustificare o sottovalutare atteggiamenti di sopraffazione di un partnernei confronti dell’altro. Questo determina la necessità che vi siano organismi e professionisti, formati nei vari ambiti e settori specifici di intervento, e che, anche da un punto di vista istituzionale, si possano creare canali di comunicazione, che garantiscano un dialogo proficuo fra i vari soggetti interessati, per garantire, in maniera sinergica, una pronta ed efficace azione di contrasto. Per quanto riguarda, in particolare, gli avvocati, sia che si trovino a difendere i maltrattati che i maltrattanti, sia che la difesa sia in ambito penale, che civile, questi debbono essere adeguatamente formati, di modo da poter inquadrare e valutare correttamente la situazione che gli si pone innanzi e di saper quindi operare una scelta consapevole ed appropriata degli strumenti giuridici, mettendo in primo luogo la tutela della vittima e la sua messa in protezione.
Link:
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/08/16/13G00141/sg
https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/210
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2012:315:0057:0073:IT:PDF
https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/sgep_tavolo18_allegato3.pdf